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Elisabetta Montaldo

Intervista a Elisabetta Montaldo, costumista per il cinema, per la Tv e per il teatro, pittrice, autrice di saggi e di romanzi che a Dall'altra parte del pare presenta Calipso

Costumista per il cinema (David di Donatello per “I cento passi” di Marco Tullio Giordana e “I demoni di San Pietroburgo” di Giuliano Montaldo), per la Tv e per il teatro, pittrice, autrice di saggi e di romanzi.

Elisabetta Montaldo presenta Calipso” (Baldini + Castoldi) al festival Dall’altra parte del mare stasera alle 21 in piazza Pino Piras con Patrizia Sardo Marras e Paolo Curreli.

Infanzia a Procida, professione costumista, una famiglia nel mondo del cinema. Signora Montaldo, “Calipso” è la sua autobiografia in forma di romanzo?

«No, direi piuttosto che è un romanzo molto ispirato alla mia vita». Da dove viene il nome della protagonista? «C’è sicuramente un riferimento alla ninfa di cui tutti si innamoravano, ma che poi piantavano in asso. Ma “Calipso” è anche un famosissimo genere musicale arrivato da noi nel dopoguerra, quando la mamma della protagonista scappava di casa per andare a ballare coi soldati americani».

Che importanza ha nel romanzo il tema dell’emancipazione femminile?

«È uno dei piani su cui è strutturato, perché da quando è nato il movimento delle donne in Europa le antenate di Calipso ci sono state dentro. Durante l’infanzia di Calipso, negli anni Cinquanta, quando i genitori si separano, il divorzio non esiste ancora e lei soffre perché viene separata dalla madre e affidata alla nonna paterna. Poi nella sua giovinezza viene approvata la legge sul divorzio, il diritto all’aborto, il nuovo diritto di famiglia. A volte si parla con un certo sfottò dei Sessantottini, però ricordiamocele le loro battaglie, e anzi cerchiamo di conservarli certi diritti, perché non è detto che si acquisiscano una volta per sempre».

Una parte del libro è dedicata alla Sardegna. Lei ha collaborato con Gianfranco Cabiddu ne “Il figlio di Bakunin” (nomination ai Nastri d’argento per i migliori costumi), e con Giovanni Columbu per “Su Re”, girato in sardo. Che esperienza è stata quest’ultima?

«Straordinaria, perché Columbu conosceva già il mio stile e mi ha lasciato libertà assoluta e poi per la collaborazione con la sartoria ultra efficiente del Teatro lirico di Cagliari. Per i costumi tipici sardi abbiamo scelto di fare una sintesi tra l’incredibile varietà esistente, abbiamo scelto costumi che fossero più che altro scenografia e che dessero alle scene determinati colori invece di altri»

Tra i vari aneddoti divertenti del libro ce n’è uno su Rutger Hauer sotto lo pseudonimo di Aart, che lei vestiva, come assistente di Nanà Cecchi, durante le riprese di “Ladyhawke”.

«È stato l’unico attore con cui ho fatto amicizia in trent’anni di carriera, forse perché non aveva niente dell’attore, era un intellettuale, uno che leggeva, scriveva. Era reduce dal successo di “Blade Runner” e per lui “Ladyhawke” era una favoletta. Nel periodo delle riprese non voleva andare in albergo, viveva in un tir che guidava personalmente. Era molto massiccio e gli avevano dato un cavallo olandese molto bello, che però cercava sempre di disarcionarlo, e poi era un cavallo da circo, invece di partire al galoppo faceva due passetti di qua, due passetti di là, e lui si disperava: «Ma possibile che mi abbiano dato l’unico cavallo gay di tutta la razza dei cavalli?»

1. Calipso

Quando 26 agosto 2023 dalle 21.10

Con Elisabetta Montaldo, Paolo Curreli, Patrizia Sardo Marras.

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